Trekking in Gargano - Escursionismo
Sabato 13 maggio 2023
Sabato 20 maggio 2023 (evento passato)
Tipo attività: Escursione Semplice
Sezione di Vicenza
Responsabile: Lucia Savio - Valeria Scambi
Programma
TREKKING NEL PARCO NAZIONALE DEL GARGANO - STORIA, MITO E PANORAMI MOZZAFIATO
Il Gargano è un territorio vario e ricco di biodiversità: paesaggi di incom- mensurabile bellezza, Santuari devozionali localizzati lungo l'antica Via Francigena del Sud, foreste dove si possono apprezzare alberi secolari, il "verde mare" cantato da Gabriele D'Annunzio, spiagge accoglien-
ti, cibo genuino, cucina del territorio legata alla tradizione della civiltà contadina.
Il modo migliore per scoprire il Gargano ed il suo Parco Nazionale è il trekking che proponiamo.
Il programma dettagliato è disponibile a richiesta presso le capogita. 1°giorno: Viaggio in aereo. Arrivo e visita del borgo di Monte Sant’Angelo
2°giorno: Monte Saraceno in mattinata
lunghezza del percorso: 8 km dislivello: 250m tempo di percorrenza: 4 ore
3°giorno: La valle degli eremi di Pulsano Monte Sant’Angelo
lunghezza del percorso: 8 km dislivello: 200m tempo di percorrenza: 4 ore
4°giorno: Monte Sacro: “Il sentiero delle orchidee” in mattinata lunghezza del percorso: 14 km dislivello: 450m tempo di percorrenza: 6 ore
5°giorno: Vieste: le grotte marine. la foresta umbra
lunghezza del percorso: 9 km dislivello: 100m tempo di percorrenza: 3 ore
6°giorno: La costa dei trabucchi e le torri di avvistamento. Peschici lunghezza del percorso: 8 km dislivello: 300m tempo di percorrenza: 4 ore
7°giorno: Giornata turistica alle isole Tremiti 8°giorno: Rientro a Vi- cenza.
Durata 8 giorni / 7 notti
Alloggio in hotel: 3 notti a Monte Sant’Angelo, 2 Notti a Vieste e 2 notti a Peschici.
ISCRIZIONI: da 15 DICEMBRE 2022, 28 POSTI DISPONIBILI
CAPOGITA: Lucia Savio, cell. 347 7505583;
Valeria Scambi, cell. 338 8673968
Relazione
SABATO 13 MAGGIO - Si parte per il Gargano! Un altro trekking, un’altra avventura! Il tempo purtroppo non promette bene ma la pioggia sembra essersi placata rispetto alla notte scorsa. Al casello dell’autostrada Vicenza Ovest ci raduniamo in 24, carichi di entusiasmo ed euforia, come spesso accade nei viaggi GM. Una breve tappa al casello di Verona Ovest per recuperare le socie veronesi, poi si prosegue in direzione Aeroporto di Bergamo Orio al Serio. In pullman, con rammarico, informo i soci dell’assenza di Valeria, la mia fedele collaboratrice di trekking nonché capogita assieme a me di questo tour del Gargano. Motivi familiari improvvisi l’hanno costretta a ritirarsi, purtroppo all’ultimo momento. Raggiunto l’aeroporto, seguiamo le consuete operazioni di check-in e controllo documenti, dopo di che ci avviamo verso il gate e l’imbarco. La tratta Bergamo-Bari non impiega più di un’ora e mezza di volo e in men che non si dica ci troviamo in terra pugliese, un pallido sole ad accoglierci. Le previsioni meteorologiche per la settimana non lasciano ben sperare in miglioramenti rispetto ai precedenti giorni piovosi, ma l’ebbrezza del momento va oltre ogni pronostico. Recuperati i bagagli dal nastro trasportatore, ci dirigiamo verso l’uscita dove troviamo ad accoglierci Peppe, la nostra guida Naturaliter, che ci accompagnerà ed assisterà per tutta la settimana. Un pullmino tutto per noi ci aspetta al parcheggio. Facciamo così la conoscenza di Franco, autista di Matera che ci scorrazzerà’ i prossimi giorni nei vari transfer tra un’escursione e l’altra, nonché’ verso le tappe successive di Vieste e Peschici. La meta di oggi è Monte Santangelo, dove ci fermeremo per le prime tre notti. Lungo il tragitto si apre ai nostri occhi un territorio variegato con scenari paesaggistici diversi lungo i quali si alternano il colore verde e argento degli ulivi, albero simbolo di questa regione, il rosso della terra su cui affondano le rugose radici, il blu del cielo che si riflette nel mare, il bianco della pietra che caratterizza le case e le belle chiese di località che vediamo scorrere dal finestrino. Costeggiando le distese di terreno, si possono ammirare i muretti a secco che troveremo numerosi nelle nostre escursioni dei giorni a venire. Arriviamo in hotel e ci sistemiamo nelle camere, poi appuntamento alle 18:00 per visita del borgo medievale di Junno. La fortuna è tutt’altro che dalla nostra parte. Sotto una pioggia battente ci avviamo tra le strette viuzze di Junno, quartiere più antico del paese di Monte Santangelo il cui centro si è sviluppato nel VI secolo intorno al famoso santuario di San Michele Arcangelo, meta di Pellegrini e che conserva tuttora una struttura urbanistica tipicamente medievale. Un breve giro del paese, uno sguardo ai pochi negozietti ormai prossimi alla chiusura serale, e si torna in hotel per la cena. Domani è un altro giorno, speriamo in un raggio di sole. Che il trekking abbia inizio! (Lucia Savio)
DOMENICA 14 MAGGIO - Oggi ci attende la cima di Monte Saraceno a quota 260 m; perciò, scendiamo dagli 800 di Monte Sant’Angelo incappucciato da nebbie e dense nuvole, per raggiungere il fondo valle, non senza ammirare i magnifici terrazzamenti a secco, degni di essere considerati patrimonio collettivo d’eccellenza. Ci sentiamo doppiamente in festa: non piove e finalmente vediamo anche il mare! Poco male se lo scenografico paesaggio è piuttosto grigio: confidiamo nel sole garganico. Fiduciosi iniziamo a percorrere una stradella poderale tra gli olivi in fiore e i mandorli. Mattinata emerge bianca tra le alture che la coronano e gli uliveti rinvigoriti dalle abbondanti piogge. Il mare spumeggia giallastro sulla battigia, depositando le sabbie smosse dalla mareggiata.
Felicemente dimenticati dalla pioggia, almeno per il momento, procediamo circondati da una variegata fioritura che ci si presenta un po’ ovunque: i primi scatti sono tutti per le rosee sassifraghe sui muretti a secco, per i papaveri e per le campanule gentili. Ascoltiamo i racconti di Peppe sul motivo della convivenza di olivi e mandorli: queste piante garantiscono buon raccolto sempre e assicurano quindi sicurezza di reddito durante le annate in cui la produzione di olive risulta più scarsa. Scopriamo che la cocciata è una raccolta blanda di olive e che gli olivi, dall’apparato radicale superficiale, sono soggetti a ferite ed escoriazioni se malamente trattati. Per questo la raccolta meccanica con l’abbacchiatore è meno invasiva.
Gradualmente il comodo sentiero comincia a salire, tagliando i tornanti della statale considerata lo Stelvio del Gargano per i suoi numerosi tornanti. Raggi di sole meno timido inducono a celebrare l’evento: Paola F. scatta la prima foto di gruppo. Ci vuole un po’ di tempo per radunare i più, diversamente impegnati in manovre improrogabili che rischiano di rosicchiare tempi utili al cammino. Perciò al perentorio richiamo di Peppe, lesti imbocchiamo una panoramica cengia erbosa a ridosso di piccole cave dismesse, ormai fagocitate dalla macchia, in cui predomina il Pino d’Aleppo.
Una nicchia votiva ormai spoglia ci svela la natura calcarea del costone roccioso che stiamo risalendo, formatosi tra l’Eocene medio e il Paleocene (40 – 65 Milioni di anni fa). Dal sentiero si gode uno spettacolare panorama sulla spiaggia di Mattinata, che scopriremo ciottolosa. Nei tratti poveri di vegetazione e a picco sul mare, è possibile apprezzare l’asprezza delle tante falesie di questo territorio, contrastato dalla ricchezza floristica e dai suoi profumi. La cima, raggiunta abbastanza rapidamente, consente un salto nel passato: ci troviamo infatti nel sito archeologico dove sorgeva la necropoli (IX sec a.C.) di un villaggio dei Dauni: così i Greci chiamavano gli antichi abitanti della Puglia settentrionale.
La sommità è tutta sforacchiata da scavi nella roccia calcarea aventi forma di utero o borsa, di profondità ed ampiezza diverse. L’imboccatura tombale è prevalentemente rettangolare e l’insolita forma è segno che i corpi dei defunti non vi venivano deposti supini, ma rannicchiati o accovacciati in posizione fetale, come nel grembo materno, secondo i riti delle zone di origine euroasiatiche. Sono più di 500 le tombe censite: nessuno di noi litiga per contendersi il buco dove appoggiarsi per lo spuntino, reso rapido per l’arrivo del vento.
Quassù avrebbe dovuto trovarsi una torre del sistema difensivo costiero detta saracena, ma un terremoto l’ha distrutta nel XVIII secolo, cancellando così il manufatto che dà nome al monte. I bunker e le casematte risalenti alla Prima Guerra Mondiale, pur in completo abbandono, ancora svettano più lugubri delle tombe daune. In prossimità del ripetitore radiotelevisivo si apre un’ampia veduta a 360° sulle bianche falesie dei costoni rocciosi che si tuffano nel golfo di Manfredonia.
Comincia la discesa con moderata pendenza verso la spiaggia; il gruppo si sgrana un po’ e c’è chi ha un contatto un tantino troppo ravvicinato con qualche calcareo scalino. Ma il vigile Arcangelo Michele interviene, provvedendo a posizionare il giusto paraurti, così da rendere meno letale l’impatto della capoccia sulla roccia! Lode, onore e gloria alla persona interessata, che molto disinvolta ha continuato il trekking senza nefaste conseguenze. Giunti in spiaggia la sabbia ed il mare concedono sollievo e ristoro. Non manca chi si concede un bel bagno sulla battigia, chi registra il suono delle onde, chi si apparta per assorbire meglio l’energia del luogo.
Raggiungiamo quindi il pullman attraverso uliveti con piante censite e poderose: in alcune ci si può addirittura entrare. Il profumo inebriante delle zagare distoglie la vista dai nuvoloni minacciosi che incombono. Fortunatamente inizia a piovere solo dopo essere arrivati al bar per la pausa caffè, gelato, birra, pasticciotto…
La ricca ed appagante giornata termina giuliva quando finalmente, verso ora piuttosto tarda, riusciamo a cenare: sfrattati dalla sala da pranzo da una festa di Prima Comunione che sembrava non dovesse finire mai, ci viene concessa una saletta tutta per noi. Per raggiungere la quale è necessario…aprire l’ombrello. La buona cena fa dimenticare le avventure moleste: un grazie particolare alla paziente mediazione delle nostre guide Lucia e Peppe. (Maura Zotti)
LUNEDI 15 MAGGIO - Chi avrebbe mai pensato che anche nel Gargano piovesse a metà maggio?
Purtroppo, già dal risveglio ci siamo accorti che non sarebbe stata una bella giornata. Aprendo la finestra, non si vedevano la costa ed il mare che erano sotto di noi, anche a causa di una forte nebbia.
Impossibile percorrere il sentiero degli Eremi, catalogato " tra i luoghi del cuore" proprio dal FAI. Ma il nostro capo Peppe non si perde d' animo; ha pronto il piano B. Franco, il nostro autista, molto discreto e professionale, ci accompagna in centro, dove è prevista la visita della Basilica di San Michele Arcangelo, sito tutelato dall' UNESCO.
Siamo accolti da una guida speciale, Enrico, persona competente ed erudita, dotata di verve ed ironia. Ci ha spiegato che il santuario è il quarto sito più visitato dai pellegrini cristiani dopo Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostela. Anzi, è il più antico centro religioso dedicato all' Arcangelo Michele: proprio una pietra tolta da lì è servita a fondare la celeberrima abbazia di Mont Saint Michel in Normandia.
L' episodio del Toro apparso in una grotta del posto risale al 490 dopo Cristo, quello della dedicazione al 492 e quello della dedicazione al 493 da parte di Lorenzo, vescovo di Siponto, la capitale della Daunia.
Superato il magnifico portale gotico, una lunghissima galleria sotterranea, si inabissa fino a giungere alla cripta miracolosa contenente varie statue votive dell’Arcangelo. All' interno vi sono molti pellegrini devoti, provenienti anche da molto lontano e lì si respira un'atmosfera mistica. Non ci siamo persi poi il Museo devozionale, l’icona bizantina del settimo secolo e la stanza ottagonale, ricca di tesori e pietre preziose.
Rientrati al nostro albergo, Peppe ci ha sorpreso con un pranzo ricco di prelibatezze locali: salumi saporiti e piccanti, formaggi tipici, tra cui il pecorino ed il caciocavallo, pomodorini ciliegini e sottolio, melanzane e sottaceti. Il tutto innaffiato da vinello di produzione locale. Non potevano mancare ovviamente i famosi taralli.
Eccoci pronti a ripartire per l’eremo di San Pulsano, certamente la più conosciuta manifestazione del monachesimo del Gargano.
All' uscita dalla chiesa, il maltempo ci da' una tregua e l'intraprendente Peppe propone di scendere lungo un sentiero attrezzato fino all' eremo di San Nicola contenente due antichi affreschi.
Da lì si gode un panorama stupendo sul golfo di Manfredonia e, diradatasi la nebbia, abbiamo seguito con lo sguardo il sentiero molto esposto che si inerpica strapiombante sulle pareti rocciose fino ad eremi isolati.
Rientrati, ci aspettava una ricca cena con gustosi piatti pugliesi.
Insomma, ora per ora, Peppe ha saggiamente costruito il programma tutto in divenire, così non ci siamo mai annoiati, sorpresa dopo sorpresa. (Dolly Tretti)
MARTEDI’ 16 MAGGIO - Sempre per gentile concessione della splendida capogita cercherò di raccontarvi le nostre avventure del quarto giorno. (il quattro mi perseguita: anche alle Cinque Terre mi era stato concesso).
Felicità è lasciare il nostro albergo, credo che nessuno di noi ci tornerà mai. Dettagli in cronaca. Oggi ci aspetta il sentiero SCANNAMUGLIERA, che ci porterà da Monte Santangelo, paese e albergo, fino a Macchie, frazione di Manfredonia. Udite, udite! È tutto in discesa, tranne il primo pezzo dall’albergo all’attacco del sentiero. Tuttavia, sembra che caratteristica saliente sia la pavimentazione del sentiero, in gran parte intagliato nella viva roccia, particolarmente scivolosa specie se bagnata, e nel nostro caso lo era. Noi esperti alpinisti sorridevamo sotto i baffi alle raccomandazioni della nostra guida (mitico Peppe) di fare attenzione. Ebbene, avete mai camminato sul verglas? Confesso che è niente in confronto alle subdole rocce dello Scannamugliera e mi sono aggrappato, dopo i primi passi, senza vergogna alla ringhiera o corrimano in legno ove possibile, oppure deviavo dal percorso in cerca di zone non scivolose. Sentiero molto interessante, tutto in una valle: un ambiente tipico di vecchi terrazzamenti e sempre con vista entusiasmante sul panorama che a est comprendeva il mare. La via o mulattiera nasceva come accesso a Monte Santangelo per i pellegrini. Quasi tutti (sic) sono portati a tradurre il nome del sentiero in scannare (uccidere recidendo le arterie del collo) la moglie o una femmina, ma sembra che non sia così, e qui si scatena la fantasia per trovare una versione più elegante (mistero). Sopravvissuti alle insidie del sentiero troviamo il nostro Franco con il suo autobus che ci aspetta e ci porta a un luogo di ristoro (stazione di rifornimento) per prepararci alla seconda parte della giornata.
Quindi si riparte, destinazione a sorpresa non prevista nei piani generali, ma, con le rivoluzioni legate al tempo atmosferico, tutto è possibile! Così, percorrendo un sentiero natura, detto anche sentiero dell’amore, che passava sopra varie cale e baiette con panorami entusiasmanti, abbiamo raggiunto una delle più belle spiagge del Gargano: la spiaggia di Vignanotica. Da sola vale il viaggio anche se a causa del mare agitato con onde impegnative non siamo riusciti a calpestare che una minima parte della spiaggia fra due promontori rocciosi. Alcuni coraggiosi, cercando di vedere al di là dei promontori, si arrampicavano sugli stessi o cercavano di aggirarli con esiti umidi. Solo alcuni giorni dopo in barca siamo passati davanti a Vignanotica: meraviglia, ci siamo resi conto di quanto lunga fosse. Si risale e trovato il nostro fido Franco e il suo mezzo raggiungiamo Vieste e il nostro nuovo albergo; benché fossimo tutti sicuri che non poteva essere peggio del primo albergo c’era latente un po' di preoccupazione. Invece tutto bene. Pensate che vicino all’albergo c’era anche un giornalaio.
Da ricerche bibliografiche risulta che il sentiero Scannamugliera ha varie denominazioni: una di queste è scala santa, usata dai devoti pellegrini per salire alla chiesa dedicata a San Michele. La cosa curiosa, molto curiosa da giustificare l’annotazione, è che i devoti salitori usavano caricarsi di pietre di peso vario in ragione dei peccati che avevano commesso e di cui chiedevano remissione: insomma una penitenza preventiva. (Franco Filippi A.D. 2023)
MERCOLEDI’ 17 MAGGIO - Anche stamattina piove ma il buffet colmo di torte fatte in casa dalla proprietaria dell’hotel ci fa iniziare bene la giornata. Dopo la colazione, chi lo desidera può prendere per il pranzo un pezzo di focaccia da scegliere tra quelle sfornate dal forno di fronte al nostro hotel. La meta del giorno è la Foresta Umbra, una riserva naturale all’interno del Parco del Gargano le cui faggete sono patrimonio dell’UNESCO dal 2017 e che vanta una stupefacente biodiversità vegetale e animale. Umbra sta per ombrosa, per la fitta vegetazione che ne fa un’oasi di frescura anche in estate. Una sua caratteristica è il macrosomatismo vegetale per cui le piante sono più grandi rispetto allo standard della specie, probabilmente grazie al terreno. È una delle dieci foreste più belle al mondo. Il nostro anello di circa 10 km si snoda tra alberi centenari (alcuni faggi raggiungono i 400 anni), su larghi sentieri ben tenuti anche se in alcuni punti le piogge di questi giorni hanno creato tratti fangosi. Solo alla fine della nostra passeggiata ritorna la pioggia e ci dirigiamo quindi verso Vieste. Nel pomeriggio visita della cittadina, dominata dal roccione a strapiombo sul mare dove sorgono il castello e la cattedrale medievali. Sulle stradine strette, pavimentate di pietra bianca e in parte gradinate, si affacciano le tipiche case con balconcini e archi. Un grande faro fa la guardia al porto e fa capolino in fondo ai vicoli che scendono al mare. Il Pizzomunno incanta con la bella leggenda e si staglia candido sull’azzurro del mare. (Cristina Ragazzoni)
GIOVEDI’ 18 MAGGIO - Oggi si va alle isole Tremiti, gita anticipata di un giorno rispetto al programma.
A piedi fino al molo, prendiamo il traghetto che puntuale alle 8,30 salpa da Vieste passando però da Peschici. La maggior parte di noi si accomoda sul prendisole a godersi il panorama, salvo poi, al rinforzare del vento, traslocare al riparo.
Le isole, un tempo chiamate Diatomee dal nome dell'eroe greco reso famoso da Omero che pare sia sepolto qui, sono cinque: San Domino la più bella, sede di tutte le strutture turistiche e ricoperta di pini di Aleppo, San Nicola sede comunale e vera testimone della storia di questi luoghi, Capraia disabitata dove è situato il faro, Cretaccio poco più che uno scoglio argilloso – tutte a poca distanza l'una dall'altra – e l'ultima più defilata Pianosa che durante le mareggiate viene interamente sommersa dall'acqua.
Sbarchiamo a San Nicola dove attraverso l'unica porta d'ingresso, saliamo verso il castello fortificato dalle cui mura si godono splendide viste sulle altre isole. All'interno si erge l'Abazia di Santa Maria a mare che fu sede di monaci benedettini fino al 1400, non visitabile in quanto in restauro. In realtà tutto il complesso pare interessato da un piano di riqualificazione, ma non ci sono tracce di lavori in corso e l'impressione è che tutto sia in stato di abbandono,
In cima, una stradina che percorre il crinale dell'isola con a destra il mare aperto, a sinistra lo scoglio Cretaccio e l'isola di Capraia, tra una miriade di fiori di tutti i colori e lo stridio dei gabbiani che numerosi nidificano sulle scogliere – abbiamo visto anche numerosi pulcini – porta al cimitero sospeso in solitudine tra cielo e mare.
Lungo il percorso ci si imbatte in un monumento che ricorda oltre 1300 libici qui deportati nel 1911 e per la maggior parte morti per le pessime condizioni di vita, per denutrizione e per malattie.
Realizziamo così che queste isole sono state luoghi di deportazione e di confino anche in epoca fascista e costituiscono una pagina della nostra storia recente che non possiamo e non dobbiamo dimenticare.
Appollaiati sulle rocce a picco sul mare, davanti ad un panorama incomparabile, accarezzati dal vento e dal sole, con il sottofondo musicale dello sciabordio delle onde e dal canto degli uccelli, ci siamo mangiati le squisite focacce pugliesi. Meglio di un ristorante pluristellato!
Sul traghetto, vedendo le isole sparire un po' alla volta dall’orizzonte, siamo rientrati a Peschici all'Hotel che ci ospiterà per due notti proprio sulla baia dove oltre alle nostre valigie ritroviamo Nellina e Giuliana che, conoscendo già le Tremiti, hanno preferito percorrere il sentiero delle orchidee che non siamo riusciti a fare per il tempo avverso, regalandoci bellissime foto dei fiori. (Gabriella Bergamaschi)
VENERDI’ 19 MAGGIO - Ultimo giorno del nostro trekking in una Puglia che non ci si aspettava… umida e bagnata! Grotte Marine e finalmente un altro po’ di sole!
Tra rinunce e cambiamenti di programma oggi venerdì partiremo da Peschici diretti a Vieste dove ci imbarcheremo sulla motobarca Desireè per scoprire le grotte marine da Vieste alla baia delle zagare, circa una ventina di miglia marine. Salpati dal porto turistico di Vieste navighiamo verso Pizzomunno un imponente monolite in pietra calcarea alto 25 metri, dopo aver doppiato il faro di Vieste.
A Pizzomunno e alla sua Cristalda è legata una leggenda che caratterizza Vieste:
“Si racconta che al tempo in cui l’attuale città era solo un villaggio composto da sparute capanne ed abitato da pescatori vi vivesse un giovane alto e forte di nome Pizzomunno. Sempre nello stesso villaggio abitava anche una fanciulla di rara bellezza, con i lunghi capelli color del sole di nome Cristalda. I due giovani si innamorarono, amandosi perdutamente senza che niente potesse separarli. Pizzomunno ogni giorno affrontava il mare con la sua barca e puntualmente le sirene emergevano dai flutti marini per intonare in onore del pescatore dolci canti. Le creature marine non si limitavano a cantare, ma prigioniere dello sguardo di Pizzomunno gli offrirono diverse volte l’immortalità se lui avesse accettato di diventare il loro re e amante. L’amore che il giovane riversava su Cristalda, però, rendeva vane le offerte delle sirene. Una delle tante sere in cui i due amanti andavano ad attendere la notte sull’isolotto che si erge di fronte alla costa, le sirene, colte da un raptus di gelosia, aggredirono Cristalda e la trascinarono nelle profondità del mare. Pizzomunno rincorse invano la voce dell’amata. I pescatori il giorno seguente ritrovarono il giovane pietrificato dal dolore nel bianco scoglio che porta ancora oggi il suo nome. Ancora oggi ogni cento anni la bella Cristalda torna dagli abissi per raggiungere il suo giovane amante ritornato in forma umana per l’occasione e rivivere per una notte sola il loro antico amore.”
La costa del Gargano è uno dei paesaggi più suggestivi della Puglia: alte falesie bianche a strapiombo sul mare si alternano a piccole insenature e spiaggette di ghiaia bianchissima raggiungibili solo via mare.
Le grotte marine sono circa una ventina, furono scoperte nel 1954 da due pescatori, i fratelli Trimigno, zio e padre del nostro attuale capitano Antonio. Il turismo di massa non aveva ancora saputo delle meraviglie del Gargano. Dopo pochi anni nel 1963 a Pugnochiuso, su incarico dell’ingegnere Enrico Mattei, inizia la costruzione del più famoso centro vacanze di Vieste, che cambierà l’economia del paese da agricola-pastorale a turistica.
Ad ogni grotta è stato dato un nome:
grotta sfondata (per il tetto crollato), grotta dei contrabbandieri con un’entrata e un’uscita per facilitare la fuga in caso di necessità, grotta della tavolozza, dati i vari colori della roccia
grotta dei pomodori, per la presenza di grossi anemoni di mare di colore rosso attaccati alla base delle rocce, grotta dei due occhi per via delle due aperture, somigliati ad occhi che si aprono in alto a guardare il cielo...tanto per fare qualche esempio, passando anche per l’arco di San Felice.
Navigando sotto costa incontriamo spiagge di sabbia dorata e ciottoli, come Vignanotica, meta di una nostra visita qualche giorno fa, in alternativa al sentiero delle orchidee di Monte Sacro, impraticabile per la pioggia, la testa del Gargano, uno dei punti più ad oriente di tutta la Puglia, assieme a Otranto (punta Palascia), archi di roccia e formazioni dalle forme bizzarre come “il fungo” o il “leone”, per non parlare della grotta a goccia dove, dall’interno verso l’esterno, sembra intravvedersi la sagoma della testa di Padre Pio, abbiamo ammirato anche una bella serie di trabucchi e torri di avvistamento anti-saraceni, ma di questo parleremo dopo. La nostra escursione in mare termina alla Baia delle Zagare per poi far ritorno a Vieste, da dove ripartiremo per un'altra avventura.
La baia delle zagare è considerata una delle più belle spiagge d’Italia, chiamata anche Baia dei Mergoli (per i numerosi merli che nidificano qui, mergoli è infatti il termine dialettale del luogo per indicarli). E’ una meravigliosa insenatura che si trova all’interno del Parco Nazionale del Gargano, in Puglia, caratterizzata da due faraglioni di roccia calcarea, scolpiti nel tempo dalla forza dell’acqua e del vento.
I faraglioni hanno il nome di “Arco di Diomede”(o Arco Magico, si dice che porti fortuna attraversarlo a nuoto) e “Le forbici”. Il nome Baia delle Zagare deriva dai fiori delle piante di agrumi, limone e arancio, tipici della zona, che si chiamano zagare..
Rientrati a Vieste intraprendiamo il cammino lungo la costa dei Trabucchi. I trabucchi del Gargano
Dopo la bella gita in motobarca che ci ha portato a conoscere le grotte marine da Vieste alla baia delle zagare, ci fermiamo per una sosta pranzo a Vieste dove “finalmente” assaggiamo la Paposcia, ma non prima di aver fatto qualche spesuccia al mercato cittadino, in compagnia del nostro mitico autista Franco. Peppe (Tripodi), la nostra guida Naturaliter, ci porta in centro a Vieste per gustare la specialità “cibodastrada” tipica...la Paposcia, della quale non voglio dire nulla, vi lascio solo all’immaginazione e al ricordo… E così dopo esserci “paposciati” per bene riprendiamo il nostro cammino verso la costa dei Trabucchi che da Vieste va verso Peschici.
Alcuni trabucchi li abbiamo visti anche durante il giro in motobarca e anche qui a Vieste (vedi trabucco di san Francesco, proprio sotto la chiesa di San Francesco, davanti il faro della città). Queste particolari palafitte dall'aspetto esile, costruite in legno di pino d'Aleppo, altro non sono che antichi strumenti di pesca costruiti dagli artigiani locali allo scopo di agevolare i pescatori durante i periodi di mal tempo. Sono tutelati dal Parco Nazionale del Gargano e sono ritornati in attività grazie alla valorizzazione di alcuni enti, privati e associazioni che li hanno adottati per salvaguardare quest’aspetto della tradizione garganica. Purtroppo, molti trabucchi sono andati distrutti con il tempo, ma alcuni rimangono in buono stato. La Struttura di un trabucco consiste in una imponente costruzione realizzata in legno strutturale che consta di una piattaforma protesa sul mare ancorata alla roccia da grossi tronchi di pino d’Aleppo, dalla quale si allungano, sospesi a qualche metro dall’acqua, due (o più) lunghi bracci, detti antenne, che sostengono una enorme rete a maglie strette detta trabocchetto, che sfrutta la confluenza delle correnti marine per intrappolare il pesce e da una tavolata, una superficie in legno al centro della quale sorge il casotto, il vero e proprio cuore nel quale il pescatore si porta di primo mattino e attende di recuperare la rete con il frutto della pesca. Il termine “Trabucco” è perfettamente dialettale, ma ha seguito una certa italianizzazione; si pensa derivi dal latino “Trabs, Trabis” che significa legno, trave o albero. L’affinità al termine latino è accettabile poiché il Trabucco è un sistema quasi interamente costruito in legno, quindi di alberi e travi.
La nostra passeggiata si snoda tra torri di avvistamento (si dava il segnale di pericolo alla popolazione che incendiava il paese prima di fuggire all’arrivo dei Saraceni) spiagge dorate e profumi della vegetazione mediterranea.
Certamente il trabucco meglio manutenuto ed in uso, almeno dal punto di vista enogastronomico è “il trabucco da Mimì”, un trabucco di famiglia che Mimì e Lucia, emigrati in Canada, rimisero in sesto negli anni Sessanta quando decisero di tornare a Peschici. L’intuizione, vincente, di unire alla tradizionale attività della pesca la possibilità di far gustare il pescato del giorno, fu proprio della signora Lucia che diede inizio a un’esperienza oggi portata avanti dai nipoti con grande amore e passione...vincitori anche di una sfida gastronomica di un noto programma televisivo!Come in tutte le storie che si rispettano, cammina cammina si raggiunge la meta che per noi oggi è la cittadina di Peschici, arroccata su un alto promontorio a picco sul mare, qui dopo una sosta alla macelleria da Pasquale (non si può non comprare il caciocavallo pugliese) e un giro turistico per le stradine del paese raggiungiamo il nostro albergo… e buona cena a tutti! (Paola & Giordano)
SABATO 20 MAGGIO - Con un pizzico di malinconia lasciamo l’Hotel Elisa che ci ha ospitato per due notti e salutiamo i simpatici e cordiali gestori Arcangela e Matteo che ci hanno conquistato con la loro calorosa ospitalità. Un ultimo saluto anche alla nostra guida Peppe, pronto per mettersi in viaggio verso il Pollino dove un altro gruppo lo attende per un nuovo trekking. I nostri bagagli sono già sistemati in pullman, non ci resta che partire e posare un ultimo sguardo verso Peschici e il suo Golfo che anche di primo mattino è un incanto. Il buon Franco ci terrà compagnia per gran parte della giornata fino in aeroporto, non prima però di averci accompagnato per una breve visita al centro storico di Bari, più comunemente chiamato Bari Vecchia. Il tempo non è molto ma un paio d’ore sono sufficienti per percorrere le viuzze della parte antica di Bari, un vero labirinto di stradine, un tempo sottovalutate e vittime dei pregiudizi del passato che le consideravano pericolose per violenza e malavita dilaganti. Oggi per fortuna tutto ciò è solo memoria poichè c’è stato un riscatto culturale tanto che il capoluogo pugliese è considerato il fulcro delle attività culturali ed esperienziali per turisti e no. Oltre alle tante chiese che il centro di Bari sfoggia, in primis la Basilica di San Nicola e la Cattedrale di San Sabino, la parte più antica di Bari offre un meraviglioso castello Svevo, il lungomare più lungo d’Italia e tanto tantissimo buon cibo! Il Castello Svevo è uno dei simboli di Bari a ridosso della città vecchia e come fortezza costituisce parte della cinta muraria che fortifica l’intero perimetro. Il lungomare, costruito negli anni ’20 tra una serie incantevole di palazzi in stile Liberty e architettura di epoca fascista, è uno dei posti più fotografati in città dove è possibile sostare liberamente sulle panchine d’epoca e connettersi con se stessi attraverso lo spettacolo del mare. Ora è tempo di tornare, il nostro volo parte alle 17:35. Anche questo trekking si è ormai concluso. (Lucia Savio)