Dal Caucaso all’Himalaya 1889-1909. Vittorio Sella fotografo, alpinista, esploratore

Giovedì 16 maggio 2024  (evento passato)

Tipo attività: Incontro culturale
Sezione di Roma
Responsabile: Bianca Testarmata-Guido Motteran - Commissione Cultura



Programma



Vittorio Sella, nato a Biella nel 1856, ha ricevuto la passione dell'alpinismo dallo zio Quintino, Ministro delle Finanze del Regno d'Italia. Una passione che lo porterà dalle Alpi alle personali spedizioni sul Caucaso e poi, con le spedizioni italiane del Duca degli Abruzzi, al ghiacciaio del Karakorum, al Sikkim e all'Alaska. Il Sella ha lasciato un patrimonio cartografico, fotografico e documentale che ha reso visibili per la prima volta vette, ghiacciai e territori fino allora sconosciuti, ma anche fotografie etnografiche ed ambientali delle zone percorse.  Molto di questo materiale è servito, tra l'altro, anche per la spedizione sul K2 del 1954 capitanata da Lacedelli e Compagnoni che seguirono proprio la via di salita lungo lo sperone denominato Duca degli Abruzzi in occasione di quella precedente organizzata dal Duca con Vittorio Sella.
 
 



Relazione



di Bice Dinale

Guido e Bianca Motteran si sono “innamorati” di Vittorio Sella, visitando il Museo della Montagna al colle dei Cappuccini di Torino.  E hanno pensato di comunicarci il loro entusiasmo per questo personaggio, il cui nome è molto conosciuto grazie alle tante, vie, piazze, rifugi, a lui intitolati ma della cui vita intensa ed interessante poco si è sentito parlare.
Vittorio Sella nacque a Biella nel 1859, terzogenito di 7 figli, tutti coinvolti a vario titolo nel lanificio di famiglia.  Era nipote di Quintino Sella, Ministro delle Finanze e fondatore del Club Alpino di Torino nel 1863, che poi divenne il CAI.  Famiglia borghese la sua, di imprenditori, banchieri, alpinisti, artisti, dove il successo economico, il piacere dell’avventura ed i valori spirituali e culturali partecipavano tutti insieme a un unico progetto d’uomo.  Si interessarono alla chimica, alla matematica, alla sociologia, ma anche alla fotografia quale mezzo di indagine per rappresentare i “Vari accidenti del suolo fotografati dal punto di vista geologico”.
Vittorio si indirizzò soprattutto al culto della montagna, dell’alpinismo e della fotografia.  Il padre aveva addirittura pubblicato il primo trattato teorico di fotografia in Italia, “Il plico del fotografo”, nel 1856.  Tutti i Sella andavano in montagna, anche come scuola di coraggio e di prudenza e di previdenza, di esplorazione, soprattutto nel periodo invernale.  In casa loro era un continuo programmare ed effettuare ascensioni.  Del resto lo zio Quintino aveva scritto che, se ne avesse avuto facoltà, non gli sarebbe dispiaciuto disporre che, con legge dello Stato, ogni cittadino italiano abile al servizio militare fosse inviato a salire almeno una volta sulla cima del Dente del Gigante (impegnativo quattromila).
Vittorio era un tipo molto pratico, più interessato alle officine che alle materie umanistiche.  Saltò il liceo, fece un anno come militare volontario e studiò in una scuola professionale, per potersi occupare della fabbrica e coltivare la passione per la montagna e la fotografia di montagna, diventò uno scalatore-fotografo.  E non si fermò più, né come alpinista-esploratore né come fotografo di montagna e degli ambienti della montagna – alcune delle sue foto, specialmente quelle “circolari” o “panoramiche” sono rimaste tuttora uniche.  Aveva grande passione, competenza e pazienza.  Poteva ripetere la stessa ascensione più volte fino a trovare il giorno ed il tempo adatto per le fotografie.  Il che lo portò anche ad effettuare numerose “prime” alpinistiche, in Italia e all’estero.  La sua passione era la montagna d’inverno.  Ecco che cosa scriveva in proposito: “Le scalate invernali sono di gran lunga migliori per la bellezza del panorama. Andate a vedere le Alpi nell’inverno! Avrete il sublime godimento di vedere un tramonto e un levar del sole cento volte più belli che in estate.”
L’elenco delle sue ascensioni è sterminato e spazia per tutto il mondo.  Dall’Italia, con i grandi monti del Piemonte e della Val d’Aosta (Cervino, Monte Bianco, Monte Rosa, Grand Combin, Gran Paradiso) all’Etna, fino al Caucaso, all’Alaska, al Sikkim, al Ruwenzori, al K2 e al Baltoro nel Karakorum.
Nel Caucaso effettuò tre spedizioni, nel 1889, nel 1890 e nel 1896, scalando montagne e ghiacciai inviolati e documentando anche usi e costumi delle popolazioni caucasiche.  Il materiale è conservato in parte in Georgia, presso il Museo di Mestia e in case private, e in parte alla Fondazione Sella con sede a Biella.  La figura di Vittorio Sella divenne talmente popolare che gli abitanti gli dedicarono una via (a Mestia) e una vetta del Caucaso (Picco Sella).
Nel 1897 fu invitato da SAR Luigi Amedeo di Savoia a partecipare alla spedizione in Alaska, con la prima ascensione al Monte S. Elia (5489 m).  Nel 1899 Sella e l’alpinista ed esploratore inglese Douglas W. Freihsfield progettarono la spedizione nel Sikkim, durante la quale effettuarono il giro del KANGCHENJUNGA (8597 m).
Infine  nel 1906 con il Duca Amedeo degli Abruzzi partecipò alla spedizione  al gruppo montuoso del Ruwenzori, inviolato e semisconosciuto, in Africa Equatoriale.  Scalarono e battezzarono la Punta Margherita (5125) e la Punta Alessandra (5105).  Anche qui documentando la natura e la gente.
Nel 1909, con il Duca Amedeo tentò la salita al K2, (8611 m) nel Karakorum.  Effettuò anche una ripresa filmata e raggiunse la Sella dei Venti che oggi si chiama Colle Vittorio Sella (6159 m).     Ricordiamo che in tutte queste spedizioni sia il materiale alpinistico che quello fotografico erano dell’epoca – lastre 30x40, per esempio, cavalletti, prodotti chimici, assolutamente inimmaginabili oggi.  Nelle spedizioni era sempre accompagnato da guide italiane, di Courmayeur e dintorni e da personale specializzato, ma il materiale descrittivo e topografico dei luoghi da esplorare era molto ridotto e rudimentale.   Vittorio si arrendeva solo davanti alle situazioni estreme.
Nei “ritagli” di tempo, dal 1891 al 1893, documentò ogni fase della costruzione della Capanna Margherita sulla Punta Gnifetti (4554 m) sul Monte Rosa.  E’ il rifugio più alto d’Europa e ospita un importante laboratorio adibito alla ricerca scientifica.  E’ dedicato alla regina Margherita di Savoia che vi pernottò nel 1893.  Famose restarono le foto dell’ascensione della Regina d’Italia, il 18 agosto 1893.
I suoi reportages fotografici gli procurarono vari riconoscimenti fra cui la medaglia all’Esposizione Geografica Internazionale di Venezia nel 1881, le sue foto furono vendute in tutto il mondo con riconoscimenti entusiastici anche da parte dell’inglese Alpine Journal.  Le esplorazioni geografiche-alpinistiche extraeuropee ebbero un importante significato per l’alpinismo italiano a livello internazionale.  Molte volte il Sella andò in zone inesplorate servendosi di cartografie approssimate; ciononostante scalò venti cime inviolate ricavandone immagini fotografiche che gli valsero il prestigioso e cospicuo Premio Murchison assegnato dalla Royal Geographical Society di Londra (1889) e la Croce dell’Ordine Imperiale di Sant’Anna (1901) dallo zar Nicola II.  Inoltre il suo nome venne inscritto tra i maggiori fotografi alpini e le sue fotografie vennero inserite in esposizioni a Londra e negli Stati Uniti.
Scalò ancora il Cervino a 76 anni.  Morì nel 1943, a 84 anni: tutto il freddo che aveva preso in montagna gli aveva fatto bene!  Gli è stato dedicato il Rifugio Vittorio Sella nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Tutti i viaggi e tutte le scalate fatte da Vittorio Sella mettono in luce sia il suo valore alpinistico che il suo contributo come fotografo delle montagne.  Ancora oggi qualcuno si chiede se fosse più grande come fotografo o come alpinista.  Qualcuno ha scritto che la risposta potrebbe essere: probabilmente fu un grande fotografo perché fu un grande alpinista. Ancora oggi le sue fotografie sono considerate il punto più alto della fotografia di montagna.  Se si pensa che molte delle sue fotografie ritraggono montagne di cui non esistevano precedenti rappresentazioni, si comprende come il suo archivio rappresenti un patrimonio storico, artistico e scientifico di estremo interesse per studiosi e scienziati.  Anche recentemente, moltissime sue foto sono state utilizzate per il progetto Sulle tracce dei ghiacciai di Fabiano Ventura proprio per misurarne la ritirata negli ultimi cento anni.
Se volete approfondire contattate Bianca e Guido che hanno raccolto moltissimo altro materiale e preparato una enorme bibliografia sull’argomento.  Li ringraziamo per la loro idea ed il loro entusiasmo!

 
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