Trekking Pale di San Martino
Venerdì 29 agosto 2025
Martedì 2 settembre 2025 (evento passato)
Tipo attività: Escursione Semplice
Sezione di Torino
Responsabile: Igi SALZA
Programma
Le Pale di San Martino, una delle più belle catene montuose delle Dolomiti, si trovano nella Val Cismon, sopra San Martino di Castrozza, a cavallo tra Veneto e Trentino.
Il trekking proposto è un itinerario di traversata che si svolge in 4 tappe, per gran parte sul tracciato dell’Alta Via n. 2 delle Dolomiti, con direzione sud-nord, da Passo Cereda a Passo Rolle.
Da Passo Cereda il percorso condurrà alla Forcella d’Oltro, per divallare al cospetto del Sass Maor, Cima Canali e La Fradusta fino al Rifugio Canali Treviso.
Continuerà con l’attraversamento dello spettacolare Altopiano delle Pale di San Martino dopo avere superato la Forcella Canali e il Passo del Miel per giungere al Rifugio Pedrotti alla Rosetta.
Proseguirà da qui lungo il sentiero della Farangole fino al Passo omonimo e alla Forcella Margherita, transitando sotto il Cimon della Pala, la Cima di Vezzana e la Cima di Focobon, per discendere al Rifugio Volpi al Mulaz.
Si concluderà quindi con il giro del monte Mulaz, la salita al Castellaz e l’arrivo al Passo Rolle.
Coordinatore di gita : Igi SALZA Cell. 333 9813808
Relazione
Le Pale di San Martino
Trekking della Giovane Montagna di Torino
28/31 agosto 2025
Le Pale di San Martino, una delle più belle catene montuose delle Dolomiti, dominano la Val Cismon, sopra San Martino di Castrozza, a cavallo tra Trentino e Veneto, meta ambiziosa per il trekking di quest’anno lungo quattro tappe dell’Alta Via n 2.
Già in fase di programmazione si incontrano le prime difficoltà: benché contattati con notevole anticipo a febbraio, i rifugi che servono la traversata, che normalmente si svolge nel senso di marcia nord-sud, non dispongono più della necessaria capienza, per cui è necessario non solo organizzare il trek in senso inverso ma anche posticipare di due giorni la data di partenza.
Poi, al momento di partire a fine agosto, le previsioni meteo volgono al brutto. Decidiamo di andare comunque, con l’obiettivo minimo di raggiungere tutti e tre i rifugi prenotati sfruttando, alla peggio, alcune possibili vie di salita alternative. Siamo in 13, qualcuno dice che è il numero a portar male, qualcun altro asserisce che invece dovrebbe portare bene... Mah…
Primo giorno.
La nebbia agli irti colli piovigginando sale” mentre da Malga Canali percorriamo il breve sentiero verso il rifugio Canali Treviso. È una scorciatoia rispetto alla prima tappa che ci avrebbe condotto al rifugio partendo dal Passo Cereda attraverso la panoramica Forcella d’Oltro. Il panorama d’altronde è ridotto alle selvagge e verdissime pendici boscose di crode dolomitiche che si prefigurano irte e spettacolari ma che si perdono in una stagnante e densa coltre di nubi grige da cui pioviggina inesorabilmente.
Il rifugio ci riceve con un bel cartello intitolato “Gocce di montagna”, questo sì di cattivo auspicio benché si riferisca alla scarsità di acqua, accentuata negli ultimi anni dal riscaldamento climatico, ma oggi di stridente inattualità. Il rifugio è una simpatica costruzione d’antan, accogliente e poco affollato.
Il clima non è propriamente estivo, un’unica stufa di ceramica riscalda come può l’ambiente, sovrastata da indumenti e scarpe messe ad asciugare. A riscaldare i cuori ci pensa un giro di birre.
Nel pomeriggio un nutrito gruppo dei nostri tenta una sortita verso la Forcella d’Oltro. I malcapitati vengono sorpresi da una “bomba d’acqua” che in un batter d’occhio trasforma l’asciutto canale roccioso attraversato in salita in un vorticoso torrente in piena che, una volta girati i tacchi, i nostri faticano a riattraversare, a prezzo di calzature e vestiti fradici. I rifugisti ci spiegano che il toponimo Val Canali si riferisce proprio ai numerosi canali che incidono i fianchi scoscesi della valle e che, data la particolare natura del suolo roccioso, in caso di abbondanti piogge han già provocato smottamenti e frane disastrosi. Il violento rovescio, dopo avere inzuppato i nostri amici, si placa, salvo riprendere poi furioso a sera e imperversare tutta la notte.
Riguardo alle previsioni, l’evoluzione meteo in questi giorni è particolarmente incerta e i siti meteo ovviamente non sono concordi. Chi segue l’uno chi l’altro, i telefonini sempre alla mano, le discussioni si infittiscono. uno prevede schiarite al mattino e peggioramento nel pomeriggio, l’altro esattamente il contrario e in ogni caso le finestre sono troppo brevi per noi, un gruppo numeroso e poco omogeneo per cui è prudente attendersi tempi di percorrenza lunghi. Per decidere che fare ci affidiamo perciò all’ultimo aggiornamento meteo che verrà fornito dai rifugisti più tardi. Attendiamo la sera giocando a carte e leggendo. Dopo cena le previsioni annunciano lo stesso meteo di oggi, con nebbia, pioviggine e possibili temporali. Si decide di non cimentarsi con la traversata, che si svolge sullo stupefacente altopiano delle Pale dove, tuttavia, trovarsi immersi nella nebbia non sarebbe affatto simpatico e persino “navigare a vista” diventerebbe un eufemismo.
Secondo giorno.
A malincuore, ridiscendiamo tra una goccia e una folata di vento al parcheggio nella Val Canali. Da qui ci spostiamo con le auto a San Martino e ne portiamo una a Passo Rolle, dove arriveremo in qualche modo l’ultimo giorno. Ci rechiamo quindi agli impianti di Colverde intenzionati a raggiungere dal basso il successivo rifugio Pedrotti alla Rosetta. Alla partenza del Colverde interpelliamo alcuni turisti stranieri, che stanno scendendo dagli ovetti, riguardo alle condizioni lassù e ne riceviamo questa laconica e ironica risposta: “Stormy, windy, rainy”. Se non altro ci rincuora avere fatto la scelta giusta.
Chi con l’impianto Colverde e chi stoicamente a piedi ci riuniamo alla partenza del secondo impianto, quello del Rosetta, che con un’aerea campata ci deposita al passo omonimo. Da qui raggiungiamo in pochi minuti il vicino rifugio, una grande costruzione su due piani stracolma di gente, evitando tempestivamente l’ennesimo scroscio di pioggia, mentre la nebbia domina incontrastata il paesaggio accompagnata da un vento fortissimo.
Una inaspettata finestra pomeridiana di un paio d’ore ci sprona a sgranchirci le gambe verso il Passo Pradidali. Percorriamo così un tratto del bellissimo altopiano delle Pale in un paesaggio lunare davvero unico. Colpito da un raggio di sole un banco di calcare risplende bianco come la seraccata di un ghiacciaio. Le nebbie si sono alzate, ma non abbastanza da concederci la visione delle cime, così la Pala di San Martino ci rimarrà sconosciuta. Una successiva sortita per toccare la vicina sommità della Cima Rosetta, subito sopra l’arrivo dell’impianto, viene frustrata a poca distanza dall’obiettivo, quando nel giro di pochi minuti tuoni, fulmini e infine la grandine convincono ancor una volta i volenterosi a un precipitoso dietrofront. A consolarci provvedono movimentate partite a carte e poi un’ottima cena.
La tappa di domani, che conduce al rifugio Volpi al Mulaz, è la più impegnativa, comportando tratti di sentiero molto esposti e alcuni tratti attrezzati, dove beccarsi un temporale non sarebbe il massimo. Al rifugio non c’è rete per i telefonini, quindi ci si affida ai rifugisti, i quali ci rimandano all’aggiornamento delle 6… del mattino dopo. Andiamo dunque a dormire senza aver preso decisioni.
Terzo giorno.
Meteo brumoso e la possibilità di piogge e temporali ci induce a seguire l’alternativa suggerita dai rifugisti, priva di pericoli e che si rivelerà molto interessante dal punto di vista esplorativo, con la quale raggiungeremo il terzo rifugio, il Volpi al Mulaz.
Partiamo dal rifugio Rosetta che non piove. Torniamo all’arrivo della funivia del Rosetta e scendiamo il bel sentiero che, sfruttando magistralmente i punti deboli di un aereo crestone, supera il salto roccioso sotto l’impianto. Il sentiero prosegue poi traversando lungamente le ripide e verdi pendici delle pareti di Cima Corona, Croda della Pala e Cimon della Pala, dove ci imbattiamo in un branco di camosci e poi in alcuni placidi cavalli al pascolo, fino a poca distanza da Passo Rolle.
Il meteo ci concede ancora una tregua fino a Malga Segantini, poi, al momento di iniziare la salita verso il passo Mulaz, inizia a piovigginare. La pioggerella si trasforma rapidamente in uno pesante scroscio, quindi esce addirittura qualche raggio di sole. Inutile rammentare il continuo mettere e togliere mantelle, gusci e coprizaini dai colori lucidi e gocciolanti. Pareti e creste luccicanti di pioggia fan capolino tra le nebbie, in un gioco di luci spettacolare. Dal Passo Mulaz con breve discesa giungiamo infine nel pomeriggio all’agognato omonimo rifugio, attorniato da una spettacolare corona di cime.
Troviamo la capanna piena come un uovo, le sistemazioni a tavola e poi nei dormitori sono veramente sacrificate. Tuttavia, il meteo sembra volgere al bello e finalmente le previsioni concordano su una giornata di tempo caldo e asciutto.
Quarto giorno.
Partiamo di buon’ora per il giro del Monte Mulaz, classica e frequentata escursione ad anello. Con grande piacere godiamo finalmente dell’aspro ambiente dolomitico che avrebbe dovuto accompagnarci fin qua. Perseverare è stato premiante. Tocchiamo una piccola cima lungo il percorso, il Sasso Arduini, da cui lo sguardo può spaziare su buona parte del paradiso dolomitico, dalla vicina parete sud della Marmolada, al massiccio del Sorapis, il Pelmo e il Civetta. Con innumerevoli discese e risalite, attraversando le due forcelle di Focobon e di Venegiota, ci affacciamo sulla Val Venegia nella quale discendiamo passando da un laghetto dalle acque ferme come uno specchio nel quale si riflettono le superbe pareti del Monte Mulaz. Man mano la vista si apre sulle aggettanti quinte rocciose dei Bureloni, Cima Vezzana e Cimon della Pala, finalmente accarezzate dal sole.
Da Malga Venegiota, nel fondovalle, dove cerchiamo invano ristoro presa d’assalto com’è dalla folla di escursionisti domenicali, riprendiamo il cammino sul sentiero che, sul lato opposto della valle, dovrebbe condurci ad un bivio e da qui sul Castellaz, modesta cima secondaria ma dal decantato magnifico panorama.
Nonostante le precise indicazioni dei rifugisti e pur chiedendo aiuto alle moderne tecnologie, non riusciamo a trovare il bivio, così ci accontentiamo di completare il giro lungo il Sentiero delle Malghe che, con altri innumerevoli saliscendi, conduce infine sulla sterrata che collega Passo Rolle alla Baita Segantini. In ogni caso, a dispetto delle prime tappe sacrificate per il meteo avverso, riusciamo a concludere il trekking delle Pale nello splendido scenario di Passo Rolle con un sole splendente.
Mentre ci rifocilliamo al vicino rifugio Cervino, l’austero Cimon della Pala, messosi in bella mostra per tutta la mattina, nasconde civettuolo la testa in un bianco manto di nubi. Ha vinto lui.
Igi SALZA