Escursionismo e Turismo - Abruzzo e Gran Sasso D'Italia

Giovedì 29 settembre 2022
Domenica 2 ottobre 2022  (evento passato)

Tipo attività: Escursione Semplice
Sezione di Vicenza
Responsabile: Beppe Stella - Federico Cusinato



Programma



AGGIORNAMENTO DEL 19 SETTEMBRE 2022
PROGRAMMA GITA IN ABRUZZO 2022 TURISTI / ESCURSIONISTI
29 settembre / 2 ottobre 2022
(PASSIBILE DI VARIAZIONE PER CAUSE DI FORZA MAGGIORE E A GIUDIZIO DEI CAPIGITA)

PARTENZA PER TUTTI IN PULLMAN DAL CASELLO DI VICENZA OVEST 
ORE 06,00
29 settembre
GIORNO 1 (Turisti ed Escursionisti)  con soste lungo il viaggio
Vicenza-Civitella del Tronto (km 476). Visita alla fortezza
Tradizionale colazione volante di mezzogiorno nei pressi del pullman.
Civitella del Tronto-Atri (km 80) Visita alla cittadina
Atri-L’Aquila (km 76)
Sistemazione in hotel *** (per tutta la durata del soggiorno stesso albergo - ristorante per cena esterno bevande comprese)

30 settembre
GIORNO 2 (Escursionisti)
Trasferimento con servizio di piccolo pullman locale (max 20 persone) a Campo Imperatore. Salita al Gran Sasso (ore 5-6 circa). Ritorno a L’Aquila con pulmino nel tardo pomeriggio
GIORNO 2 (Turisti)
In pullman con guida turistica visita a Rocca di Cambio (chiesa di S. Lucia), Celano (Castello Piccolomini Ingresso a pagamento: € 4,00 per persona), Alba Fucens e visita del sito archeologico.
Pausa pranzo libera
Pomeriggio: L'Aquila con guida turistica

01 ottobre
GIORNO 3 (Escursionisti)
Trasferimento al Lago di Campotosto con servizio di piccolo pullman locale (max 30 persone) e salita alla Cima di Mezzo (ore 5 circa). Ritorno a L’Aquila con pulmino nel tardo pomeriggio.
GIORNO 3 (Turisti)
Giro ad anello in pullman visitando in base ai tempi disponibili e in base agli accordi con la guida alcuni di questi luoghi e dintorni: Bominaco, Scanno.
Pomeriggio: visita di Sulmona con guida.

02 ottobre
GIORNO 4 (Turisti ed Escursionisti)
Trasferimento in pullman a S. Stefano di Sessanio.
Da qui gli escursionisti vanno a Calascio e a Castel del Monte (ore 4 circa di cammino).
I turisti visitano in pullman S. Stefano, Calascio, Castel del Monte e Campo Imperatore senza guida.
Il pullman poi ritorna a Castel del Monte a raccogliere gli escursionisti.
Tradizionale colazione volante di mezzogiorno nei pressi del pullman.
RIENTRO A VICENZA KM (550)

QUTA DI PARTECIPAZIONE:                 avvisato i partecipanti con email 19 09 2022

FARE BONIFICO DI QUOTA PARTECIPAZIONE O SALDO QUOTA:
“NOME E COGNOME Abruzzo 2022”
codice iban - ASSOCIAZIONE GIOVANE MONTAGNA
Banca Centroveneto Vicenza
IT 84 Q 08590 11801 000081034047







La quota comprende:
Viaggio in pullman e tutti i trasferimenti (esclusi eventuali trasferimenti con mezzi pubblici)
Sistemazione in hotel *** con trattamento a mezza pensione, ristorante esterno bevande comprese.
Guida per i turisti al secondo e terzo giorno.  Pulmini di trasferimento escursioni 2° e 3° giorno.
Colazioni volanti presso il pullman del primo e ultimo giorno.

La quota non comprende:
I pranzi del secondo e terzo giorno.     I costi di entrata a siti turistici e archeologici.
Eventuali trasferimenti con mezzi pubblici.

Info capigita:     Federico Cusinato cell. 345 8837326     Beppe Stella cell. 336 641424    

 



Relazione



QUATTRO GIORNI IN ABRUZZO – TURISTI ED ESCURSIONISTI
CRONACA DI GIOVEDI’ 29 SETTEMBRE
Dopo tre anni dall’ultima gita di più giorni finalmente si parte, turisti ed escursionisti assieme. Siamo tutti convinti che questa quattro giorni in terra d’Abruzzo possa rappresentare un controsenso: andare avanti, voltare pagina, ma verso vecchie care abitudini. L’ultima gita, nel 2019 in quel del Lago Maggiore e in Valgrande sui monti alle spalle di Verbania, era stata l’ultimo giro in pullman per GMVicenza, se non contiamo la trasgressione in giornata dell’anno scorso, in quel di Caldaro. Significa un piacevole ritorno al passato, anche perché, tra i partecipanti, ritroviamo la Franca, indimenticata organizzatrice di tante escursioni.
Si parte di primo mattino, e il tempo del viaggio verso l’Abruzzo scorre veloce, con un paio di soste, fino ad arrivare alle porte di Civitella del Tronto, prima tappa del viaggio. Qui riprendiamo un’altra buona abitudine che era quella della “colazione volante” (ancora non è dato sapere l’origine del termine volante). Pan, sopressa, formaggio e dolcetti, tanto per non smentirci. Poi, tutti liberi per un paio d’ore per la visita della bella cittadina teramana caratterizzata, alla sommità del colle, da un imponente fortezza (25.000 mq di area e una lunghezza di 500 m.). La struttura, realizzata su preesistente rocca medievale da Filippo II d’Asburgo re di Spagna dal 1564, è stata successivamente rimaneggiata dai Borboni, che avevano sostituito gli Asburgo nel 1734. Dall’ottobre 1860 Civitella e la fortezza subirono l’assedio delle truppe piemontesi, fino alla loro definitiva conquista e distruzione nel marzo 1861. Ora tutto il complesso è visitabile, meglio se in assenza della pioggia e del vento con cui noi ci siamo confrontati.  Grazioso il paese vecchio, deserto al nostro passare. Alla fine della visita non restava altro tempo se non per mettersi in pullman e raggiungere, ad un’ora decente, l’albergo posto appena fuori dal centro storico di L’Aquila.
Seguiva, in serata, la cena presso una trattoria della zona.
VENERDI’ 30     GRUPPO DEI TURISTI          da ALESSANDRA FIACCADORI
Il cielo non promette molto bene, nuvoloni di un grigio scuro si muovono pericolosi. Partiamo con la guida Alexandra che ci accompagnerà oggi e domani alla scoperta di questa splendida regione. Uscendo da L’Aquila spiega che questa città è stata costruita su alcuni colli, per mezzo dei proventi della coltura dello zafferano e della lavorazione della lana. A proposito di zafferano: attraversiamo la Piana di Navelli (nove ville) dove questa spezia viene coltivata. È una vista incantevole, dove il marrone scuro della terra si alterna a varie gradazioni di verde dei campi coltivati e della vegetazione che li circonda. In questa piana sono presenti le “chiese tratturali” costruite per la preghiera e il riparo dei pastori che attraversavano queste zone con le loro greggi. ...intanto il tempo tiene, anzi ci sono degli sprazzi di sole caldo. Arriviamo alla prima meta di oggi: Bominaco, dove visitiamo la chiesa di Santa Maria Assunta. Costruita con pietra locale, all'interno ha un bellissimo ambone in marmo scolpito, così come il candelabro che sostiene il cero pasquale. Usciti dalla chiesa di Santa Maria Assunta, ci spostiamo un po' più in basso, ed entriamo nell'Oratorio di S. Pellegrino rimanendo estasiati. Tutte le pareti sono affrescate, così come il soffitto, con riferimenti all'Antico e al Nuovo Testamento, Inferno e Paradiso: infatti viene chiamato “la Cappella Sistina dell'Italia centrale”.
Con gli occhi ancora pieni delle meraviglie appena gustate, risaliamo in pullman, questa volta diretti a Scanno.   
Entriamo in autostrada e nel frattempo la guida ci dà interessanti informazioni sul passato e il presente delle località che incontriamo. Usciamo al paese di Cocullo dove, ancora oggi, viene fatta la Processione dei Serpari, con la statua del patrono coperta di bisce vive. Col pullman, guidato dalla bravissima Simonetta, ci inoltriamo nella valle del torrente Sagittario, una strada stretta, piena di curve, spesso a strapiombo (mi spiace per chi soffre di vertigini) ma con degli scorci indimenticabili. Nel frattempo, Alexandra ci informa sulla presenza degli orsi in zona ed in particolare di Juan Garrito: l'orso amante dei dolci e frequentatore di pasticcerie. Costeggiamo un lago artificiale con acque verdi azzurre, sempre benedicendo la bravura di Simonetta alla guida. Costeggiamo anche il lago di Scanno che, merito della Nutella, molti italiani (tra cui la sottoscritta) hanno scoperto essere a forma di cuore. Nel frattempo, le nuvole hanno deciso di riunirsi tutte sopra le nostre teste, per cui la breve visita di Scanno avviene sotto un diluvio. Poi, rifocillati e riscaldati dalla pausa pranzo, risaliamo in pullman, dirigendoci verso Sulmona, dove ci accoglie il sole. Qui visitiamo una fabbrica di confetti, con una interessante mostra sulla storia e gli strumenti usati per fare e confezionare i confetti. La parola confetto viene dal latino “con fectum” che vuol dire “qualcosa da nascondere”. A Sulmona ammiriamo solo dall'esterno: la Chiesa di Santa Maria della Tomba, la Chiesa di San Francesco della Scarpa che si trova vicino alla Piazza dell'Acquedotto e un'altra piazza con il monumento di Ovidio (che qui era nato). Quindi raggiungiamo la chiesa della Santissima Annunziata vicino alla quale c'erano dei locali dove, già nel medioevo, le persone potevano essere curate. A coronamento di una giornata intensa piena di panorami ed emozioni, qualcuno all'inizio della cena (vero Loretta?) “smarrona” a tutto il gruppo una notizia che Franca voleva tenere segreta: buon compleanno e ben tornata alle gite turistiche della GM. (Alessandra Fiaccadori, con l'aiuto di Valeria)
VENERDI’ 30     GRUPPO ESCURSIONISTI      da DOLLY TRETTI
Il secondo giorno del tour in Abruzzo è stato per me un vero dilemma. Non sapevo decidermi se partecipare come escursionista o come turista. Entrambi i programmi erano veramente interessanti: peccato non avere la dote dell'ubiquità. Opto per la prima ipotesi non sapendo a cosa sarei andata incontro. Saliamo su un comodo pulmino, siedo in prima fila con Loretta ed al volante c'è Silvano, un giovane autista del posto con gli occhi azzurri. Superiamo il passo delle Capannelle, costeggiamo il lago artificiale di Campotosto e parcheggiamo davanti alla chiesa puntellata di Santa Maria Apparente. Subito scattiamo la prima foto del gruppo. Ci incamminiamo poi per un'amena vallata segnata dal torrente ed ornata di faggi con i favolosi colori autunnali dal giallo, all' arancio al rosso fiamma, simili alla tavolozza di un pittore. Man mano che il sentiero si inerpica gli alberi si fanno più radi finche' questi lasciano il posto ad un ambiente erboso, con punteggiature rosse ed uno sfondo diffuso giallo. Sono rimasta impressionata da due splendide cascate, notevoli per il dislivello e la portata dell'acqua. Saliamo velocemente, ma, giunti a Sella Laga, circa 1970 metri di altezza, siamo investiti da un vento freddo accompagnato dalla pioggia. Tutti noi abbiamo indossato le mantelle ed i copri zaino, ma il vento aumentava d’intensità e via via sono iniziate le defezioni: tre decidevano di scendere, poi altri cinque…, infine solo cinque mantenevano con tenacia il desiderio di procedere. Purtroppo, ci siamo trovati ad attraversare una zona molto esposta, scoscesa con roccette friabili e già bagnate dalla pioggia incalzante. Come non bastasse, siamo stati avvolti da una fitta nebbia. Pensate che Nicola ha addirittura cambiato le sue scarpe per indossare gli scarponi ramponabili. Abbiamo fatto il punto della situazione, un briefing tra tutti, atteso una decina di minuti per capire come evolveva il meteo, finche' abbiamo battuto in ritirata, poiché non era più visibile la nostra vetta. Poco male. Silvano, l’autista del pulmino, molto disponibile, ci ha fatto un simpatico regalo: ci ha accompagnato a vedere un sito romano interessante: Amiternum, con il suo anfiteatro ed un capiente teatro. Infine, la chicca de L’Aquila, cioè le imperdibili 99 fontanelle, dono dei feudatari dei 99 castelli del circondario e fondatori del L'Aquila odierna.
Una giornata piena ed indimenticabile.  Grazie G.M. (Dolly Tretti)
SABATO 1 OTTOBRE    GRUPPO TURISTI             da LUCIA BORTOLOTTO
Nell'incertezza del tempo previsto gli amici avevano invertito le escursioni programmate, e perciò, sabato mattina, la pioggerella tropicale non ci aveva sorpresi e partivamo fiduciosi per altri dintorni dell'Aquila. La meta era l'Abbazia medievale di Santa Lucia nei pressi di Rocca di Cambio, nota località sciistica vicino a Campo Felice. Sul gradevole altopiano dove molti avevano costruito delle villette per le vacanze, rimane un sito, trattasi di un convento del XII secolo che è stato preservato come struttura, ora visibile come chiesa dai lati disuguali dove, sul fondo, si conservano gli affreschi della chiesa di S. Lucia, opera di maestri locali, che risultano ben restaurati. Nel sito lì intorno sono sepolti altri reperti dei popoli che lì hanno vissuto in epoche più antiche.
Scendendo dall'altopiano, si sconfinava nella provincia di Chieti e, appena sotto la montagna, abbiamo trovato la cittadina di Celano. La località si estende intorno all'imponente turrito castello, già dei Piccolomini, con alte mura e profondo fossato che sovrasta la piana del lago del Fucino. Nel castello esiste un museo diocesano ed archeologico che non riuscivamo a visitare visti i tempi ristretti e le tante mete. Vicino all'entrata del castello notavo un monumento bronzeo per i migranti che portavano sostegno economico e aiuti anche per migliorare il loro amato territorio. Prossima tappa il sito di Alba Fucens nella piana vicino al Fucino. Terra del popolo dei Marsi. La città romana era costruita su delle colline ai piedi del monte Velino da cui si vedeva il lago. La nostra guida Alexandra ci spiegava con competenza e puntualità i dati salienti di ogni località ma specialmente qui ci svelava il significato delle tracce lasciate dalle pietre rimaste in quel luogo aperto e libero tra terra e cielo. Tanto era interessante la spiegazione e il luogo bello da far passare in secondo piano la pausa pranzo che veniva rimandata a dopo il ritorno all'Aquila centro per il giro pomeridiano. Per quanto mi riguarda valeva il viaggio tornare a visitare il centro città oggi dopo dieci anni dall'ultima volta. Ho notato come la ricostruzione e i restauri abbiano dato una nuova vita alla città devastata dal terremoto che ricordavo con voragini che sembrava fosse passato un bombardamento aereo, allora in un silenzio spettrale col coprifuoco e l'esercito che presidiava gli accessi. Sostituendo così quel sinistro ricordo al nuovo. Adesso l'antico centro sulle vie principali, nei maestosi palazzi e in alcune basiliche particolari, non certo dappertutto, ma nel complesso il luogo appare ridente, specialmente con un poco di sole, come un polo culturale e turistico pieno di giovani, anche studenti, ricco di iniziative. Ricordo la celebre perfettamente ricostruita e ripulita Basilica di S. Maria di Collemaggio all'estremità di un viale alberato come un gioiello su una pregevole collana. Alla fine, il nostro gruppo con anche gli escursionisti che nel frattempo ci avevano raggiunto, mi sembravano tutti contenti, come me, di raggiungere l'albergo Azzurro per affrettarsi verso una gustosa cena in compagnia. (Lucia Bortolotto)
SABATO 1 OTTOBRE       GRUPPO ESCURSIONISTI      da FEDERICO CUSINATO
Le previsioni del tempo davano per oggi un progressivo miglioramento rispetto a ieri, ma quando mi sveglio e guardo fuori dalla finestra dell’albergo mi accorgo che in realtà la situazione è anche peggiore di quella della mattina scorsa, e ho subito la convinzione che la programmata salita al Corno Grande, la vetta più alta dell’Appennino, non si farà.
Con queste premesse partiamo comunque col nostro pulmino, lasciando l’Aquila e salendo verso Campo Imperatore. La strada lo attraversa tutto. E’ un ambiente spettacolare che non ha uguali in Italia, un pianoro infinito delimitato su tre lati da dorsali di alte montagne, dove non cresce un albero, e pascolano innumerevoli greggi di pecore. Il cielo è nuvoloso, ma le montagne sono ben visibili, chissà come sarà il vento su in quota. Dopo una curva ci appare, o ci dovrebbe apparire, il Corno Grande. In realtà è tutto avvolto dalle nuvole. Dopo un po’ nelle nuvole ci entriamo anche noi. Ci fermiamo sul piazzale al termine della strada. Piove, fa freddo, tira vento, non si vede a due metri di distanza. Che facciamo? Possiamo un po’ aspettare, sperando che il tempo si adegui alle previsioni, ma per quanto? Dopo un po’ la pioggia diminuisce di intensità e decidiamo di scendere. Facciamo qualche passo nella nebbia e ci accorgiamo dell’esistenza degli edifici attorno al piazzale. Entriamo nel bar dell’ostello, chi va in bagno, chi beve qualcosa, mentre io cerco informazioni per un itinerario alternativo.
Col pulmino decidiamo allora di tornare indietro, scendendo brevemente ed arrivando a un tornante dove parte un comodo sentiero che permette di raggiungere un passo, il Vado di Corno. Da lì comincia una lunga cresta percorsa dal Sentiero del Centenario, un lungo e impegnativo tracciato, in parte attrezzato, considerato fra i più belli dell’Appennino. Qui un’ora fa c’era un pallido sole, ma adesso la pioggia imperversa. Decidiamo comunque di incamminarci, anche se la cresta che prima era ben visibile è adesso anch’essa totalmente avvolta dalle nubi. Scendiamo dal pulmino e ci dirigiamo verso il Vado di Corno. Nel frattempo, fortunatamente cessa di piovere, ma il vento continua a soffiare. Al Vado decidiamo di proseguire e seguire la cresta fino al Monte Brancastello, la sua prima vetta significativa. Il tempo sembra migliorare, anche se il vento continua a disturbarci. Man mano che si prosegue, le nuvole si alzano e finalmente cominciamo a vedere qualcosa del paesaggio attorno: verso est la montagna precipita con un salto di oltre mille metri sopra le colline che, verdissime, digradano dolcemente verso il mare.
Arriviamo a una prima cima, il Pizzo San Gabriele, dove non ci fermiamo più di tanto perché, tanto per cambiare, soffia un forte vento che ci obbliga a cercare velocemente un posto un po’ riparato per il pranzo. Dopo aver messo qualcosa sotto i denti ci dividiamo: una parte del gruppo, appagata, ritorna indietro, mentre gli altri affrontano la breve salita che porta al Brancastello, a quasi 2400 metri di quota. Buona idea continuare fin lì, il panorama si amplia e possiamo vedere il proseguimento della catena con i Monti Prena e Camicia, di aspetto quasi dolomitico. E intanto, indovinate un po’, il vento continua imperterrito a soffiare.
Ritorniamo indietro ripercorrendo la stessa via, con qualche difficoltà: in un punto bisogna mettere addirittura le mani a terra per non venir spostati dalla furia della bufera. Il ritorno è più veloce, sia perché si va in discesa, sia per il fatto che, per diminuire l’esposizione al vento, non ci fermiamo più di tanto, se non per fotografare il Corno Grande che nel frattempo si è liberato dalle nubi e ci mostra al completo il suo splendido versante sud, il “Paretone” come viene chiamato localmente. Al Vado vediamo il pulmino che ci sta aspettando. Riformiamo il gruppo e approfittiamo della gentilezza dell’autista che ci riporta su, al piazzale di Campo Imperatore, dove finalmente possiamo vedere lo storico albergo, l’Osservatorio astronomico, il Rifugio Duca degli Abruzzi e il versante del Corno Grande per dove saremmo dovuti salire. E intanto il vento continua a soffiare, mentre risaliamo di nuovo sul pulmino e riattraversiamo nuovamente Campo Imperatore immerso ora in una magnifica luce pomeridiana. Rientriamo all’Aquila, ma prima di arrivare in albergo, il nostro autista ci consente un’ultima breve sosta per ammirare la basilica di Collemaggio, il monumento più significativo delle città, dove, guarda caso, incontriamo i nostri amici turisti che stanno concludendo la loro visita guidata. Per oggi è tutto, domani, ne siamo certi, ci sarà sole e caldo. (Federico Cusinato)

SABATO 1 OTTOBRE       GRUPPO ESCURSIONISTI      da LUCIA SAVIO
Oggi siamo in 13. Se questo è un numero che porti fortuna o no lo scopriremo nel corso della giornata. Fatto sta che, lasciato l’albergo a bordo del pulmino guidato dall’autista Silvano, l’azzurro che ci accompagna pian piano lascia spazio ad un cielo coperto, plumbeo, minaccioso. Giunti a Campo Imperatore dopo circa 45 minuti, la vetta del Corno Grande appare coperta da nuvoloni paurosamente neri. In un attimo ci troviamo avvolti nella nebbia e, giusto per non farci mancare nulla, sotto una pioggia battente. Corno Grande, dove sei? Letteralmente scomparso dalla nostra vista! Nemmeno il Rifugio Duca degli Abruzzi, di solito ben visibile dal piazzale principale, si riesce a distinguere. Per circa un’ora rimaniamo a bordo del pulmino, incerti sul da fare. Qualcuno (io!) ha il coraggio di suggerire un rientro a L’Aquila per unirsi alle visite dei turisti, vista la mal parata. La maggior parte, invece, è d’accordo nell’aspettare che la pioggia cessi, confidando in un miglioramento del tempo. L’attesa non è inutile perché, dopo non molto, oltre a cessare di piovere, il sole pian piano si fa spazio fra le nuvole e cerca di conquistare qualche tratto di cielo. Abbandonata l’idea dell’ascesa al Corno Grande, ancora troppo minaccioso, Federico il capogita ha un piano B degno di considerazione: la via delle creste ad Ovest. Con un po’ più di ottimismo ci incamminiamo lungo il sentiero. Campo Imperatore si manifesta davanti ai nostri occhi in tutto il suo splendore, ora illuminato dai raggi del sole. L’impatto scenico dell’altopiano, da qualsiasi punto lo si guardi, è stupefacente! Quest’angolo remoto e indomito del Parco Nazionale del Gran Sasso è chiamato anche piccolo Tibet d’Abruzzo per la sua somiglianza paesaggistica con il plateau tibetano. Man mano che procediamo lungo le creste, non riusciamo a non fermarci per scattare qualche foto e lasciar scorrere lo sguardo in quella sterminata prateria appenninica. Il forte vento, che nel frattempo si è presentato e che a tratti si manifesta con raffiche di particolare intensità, ha spazzato via le grigie nubi che ricoprivano il Corno Grande e sua Maestà si presenta ai nostri occhi in tutta la sua imponenza! E pensare che avremmo potuto essere lassù. Procediamo lungo il sentiero e ammiriamo l’alternanza di maestose cime, pendii minori e pianure alluvionali. Camminando da una cresta all’altra il percorso sembra non avere mai fine. Decidiamo di porci come meta la cima di Monte Brancastello a quota 2385 m., avendo da un lato Campo Imperatore e dall’altra il versante Teramano fino al Mare Adriatico. Il rientro avviene attraverso lo stesso itinerario in cresta, dandoci modo di ammirare ancora una volta le sinuose curve che caratterizzano il paesaggio modellato dalle mani del tempo. Un grazie a Federico per averci accompagnato in questa suggestiva camminata in cresta. Tutti hanno apprezzato e ammirato l’incantevole ambiente panoramico, unitamente all’allegria della combriccola di soci partecipanti. Ora attendiamo fiduciosi che un giorno Federico ci accompagni finalmente in cima al Corno Grande! (Lucia Savio)
DOMENICA 2 OTTOBRE     GRUPPO DEI TURISTI     da SILVANA LUBIAN
Una bella giornata di sole, l’aria è frizzante quanto lo sono i componenti del gruppo. Sono tutti già pronti valigia al piede ben prima dell’orario convenuto per partire. È un attimo caricare i bagagli e Simonetta, con la sua guida sicura, porta il pullman fuori dalla città dell’Aquila, lontano dalle sue meraviglie e dalle sue ferite che non saranno mai dimenticate, per me indimenticabili. In breve tempo e in costante salita imbocchiamo la strada che ci porta nel cuore del parco Nazionale del Gran Sasso e dei monti della Laga. Il paesaggio è spettacolare, sotto di noi l’ampia fertile valle del Tirino da un lato e la piana di Navelli dall’altra; lontano si scorgono la Maiella e le sue cime minori. In questa posizione fantastica si trova la nostra prima tappa:
Santo Stefano di Sessanio. Passeggiare tra le viuzze del borgo è come fare un salto indietro nel tempo. Il luogo, infatti, mantiene intatto l’impianto insediativo di quasi mille anni fa, in perfetta continuità ed in armonia con il paesaggio circostante. Un gioiello da scoprire tra case in pietra, scalinate, archi e camminamenti. Le sue prime radici risalgono ad un insediamento di epoca romana di nome “Sextantio”, forse ad indicare le sei miglia di distanza da “Peltuinum”, importante insediamento, crocevia dei traffici tra Roma, la Costa Adriatica e la pianura Foggiana. Tra l’ XI e XII secolo fu eretto il primo nucleo del borgo attuale attorno ad una prima torre in pietra concia che permetteva il controllo del territorio circostante: era il tempo dei signori di Carapelle. Il passaggio alla famiglia Piccolomini portò ad un ulteriore sviluppo del borgo. Sotto il loro dominio vi fu un notevole incremento della pastorizia e dell’agricoltura e furono costruite le prime case torre arricchite da piccoli fregi in pietra, opera di scultori locali che svilupparono un loro stile unico nel disegno e nella creazione di decori floreali originali. Santo Stefano conobbe il suo momento di massimo sviluppo quando divenne, nel secolo XVI, possedimento dei Medici, potentissima famiglia fiorentina. Soprattutto Francesco De’ Medici incrementò ulteriormente la già fiorente pastorizia per ottenere la lana detta “carfagna”, una lana di colore scuro che, portata a Firenze per essere lavorata, veniva poi esportata in tutta Europa per la confezione di divise militari e sai per i monaci.
A metà del 1700, il borgo entrò nell’orbita del Regno delle due Sicilie e divenne possedimento privato del re di Napoli.  Ebbe inizio una lenta ma inesorabile decadenza che, se possibile, divenne ancor più inarrestabile con il passaggio al Regno d’Italia, periodo in cui Santo Stefano visse in quasi totale isolamento. La lana, l’oro del borgo, non era più né ricchezza né sostentamento. Vi fu un pesante fenomeno di emigrazione fino a oltre la metà del 1900 che spopolò quasi del tutto l’intera valle. A distanza di quasi un secolo, il paesino è ancora alla ricerca di nuovi abitanti, specialmente dopo che il terremoto del 6 aprile 2009 lo ha colpito molto duramente. È uno di quei comuni che offre una casa per un euro purché ci si stabilisca. Ecco, dunque, che la nostra passeggiata si snoda all’interno del paese per stradine a cerchi concentrici in cui si dipanano le case a torre, i vicoli e si aprono le anguste piazzette. Nella prima di queste ecco la porta Medicea, un tempo unico accesso al centro storico, decorata dallo stemma dei Medici che qui dominarono dal 1579 al 1743. Poco distante sorge il palazzo di famiglia detto “Del Capitano”, difeso da due grandi bastioni e con due graziose finestre bifore, mentre la facciata principale è stata decorata, alla metà del millecinquecento, da un notevole loggiato in stile rinascimentale.  Ancora pochi passi col naso all’insù per osservare le case mura con il profilo scarpato o i brevi percorsi coperti a scopo difensivo ed eccoci arrivati ad uno slargo che si affaccia su un panorama montano di sorprendente bellezza, che ha già i colori dell’autunno. Lì di fianco la Chiesa di S. Stefano Protomartire, facciata con decorazioni barocche, interno monoaula a cinque campate e una originale area absidale con cappelle. Tra scalinate, archi di rinforzo tra una costruzione e l’altra detti “sbatacchi”, (il terremoto affligge da sempre questo territorio), finestre fiorite e portoni decorati in pietra si arriva al punto più alto del borgo e ai piedi del suo simbolo: la Torre Medicea.  Sorta sulle fondamenta della torre del XII secolo, i Medici provvidero negli anni ad elevarla fino a 20 metri, a fornirla di beccatelli e feritoie e a concluderla con una merlatura alla sommità. Il tutto in pietra color crema, e al sole si rivela possente eppure delicata.
Il terremoto del 2009 ha causato danni gravissimi e se, a onore del vero, molto è stato fatto, durante la visita abbiamo visto, ancora, numerose casetorri, archi, mura storiche puntellate. La torre Medicea è stata completamente ricostruita con il materiale recuperato sul posto, così come molti altri monumenti e palazzetti ed è un ottimo viatico, una speranza che tutto torni com’era un tempo, come l’isolamento e ahimè, la povertà, lo aveva preservato. Da luogo di marginalità e abbandono, dopo il terribile terremoto, oggi Santo Stefano di Sessanio è un luogo di sperimentazione di un grande modello di sviluppo ecosostenibile. Nel 2002 il Comune, l’ente Parco e la società Sextantio, proprietà di Daniele Kihlgren, svedese che si è innamorato del posto, hanno stipulato un accordo che prevede il rilancio turistico nella forma dell’albergo diffuso, ma anche di meta culturale e naturalistica di qualità e di eccellenze gastronomiche.  I dati danno ragione a chi ha aperto questa nuova strada: l’albergo è molto apprezzato da una clientela internazionale, tutto l’anno nei fine settimana si tengono concerti, ogni occasione è buona per degustare le specialità del luogo: le lenticchie, le cicerchie, il formaggio canestrato e lo zafferano della Piana di Navelli. Sono stati aperti ristorantini e piccoli negozi di artigianato locale. Anche noi della GM, appena i graziosi negozietti hanno acceso le luci e aperto le porte, non ci siamo fatti pregare per portare a casa almeno qualche spicchio, un vasetto, un chiletto di quelle bontà nate da una terra così generosa. I nostri acquisti sono sempre fatti in modo frettoloso perché c’è sempre una voce che ci chiama a raccolta, che ci invita a tornare al pullman che bisogna far presto, che siamo in ritardo sulla tabella di marcia. Così, ridando un’occhiata indietro, verso quanto di incantevole abbiamo visto, facendo un’ultima frettolosa foto, si ritorna a salire sul pullman e ci si avvia verso l’ultima meta.
Castel del Monte. Si resta in quota, a 1345m., tira un bel venticello, per fortuna il sole scalda e abbaglia.  Si accede al centro storico dalla bella porta di S. Rocco che svela una magnifica piazzetta completamente restaurata e una deliziosa veduta della vallata sottostante. Il borgo si sviluppa a forma di ellisse ed è attraversato da un dedalo di viuzze. È un luogo molto bello e “genuino”, che conserva il suo passato di borgo dedito alla transumanza e alla vita contadina. Caratteristico e pittoresco, al suo interno custodisce edifici ed opere di alto valore artistico ma soprattutto di cultura locale. Come per il precedente, è costituito da casemura dalla struttura simile a una torre e dagli sporti, peculiari tunnel sotterranei scavati nella roccia: ambedue avevano caratteristiche difensive. Numerose sono le Chiese a testimoniare l’alto senso devozionale del popolo.
Il fascino intatto e la singolare bellezza di Castel del Monte hanno fatto sì che fosse scelto quale set cinematografico per numerose produzioni, tra cui Il nome della rosa. Castel del Monte è anche luogo di partenza di numerosi trekking all’interno di Campo Imperatore, un contesto naturalistico dall’imperdibile bellezza. Per noi tutti è stato il luogo della solita, allegra merenda prima del viaggio di ritorno: con un paesaggio simile davanti agli occhi, pan sopressa e vin avevano il sapore di un piatto da Re. Grazie GM.  (Silvana Lubian)
DOMENICA 2 OTTOBRE       GRUPPO ESCURSIONISTI    da NICOLA CESTONARO
Santo Stefano di Sessanio – Calascio – Casteldelmonte.   Scesi dal pullman, attraversiamo Santo Stefano di Sessanio, che fa parte dei borghi più belli d’Italia ed è situato a 1.250 metri, all’interno del parco del Gran Sasso e Monti della Laga. Santo Stefano registra un centinaio di abitanti che però sembrano essersi dati da fare visto che molte sono le case risistemate dopo i disastri del terremoto del 2008. Il centro storico è molto suggestivo e più di qualcuno si attarda a scattare foto di scorci insoliti e pittoreschi. Usciamo dal paese e ci avviamo lungo il sentiero che si inerpica verso una dolce collinetta. Un caldo sole e un cielo azzurro ci accompagnano lungo il cammino. Scorgiamo in lontananza l’isolato e bellissimo paese di Santo Stefano, da una parte e dall’altra la nostra meta intermedia: Calascio con la sua nobile rocca, a 1450 metri di altitudine. Tutto intorno il paesaggio è caratterizzato da prati verdi in un continuo saliscendi con all’orizzonte i monti della Laga. Il Castello di Rocca Calascio fa parte di un complesso sistema di fortificazioni difensive che controllavano le vallate abruzzesi e, grazie alla sua vicinanza a Campo Imperatore, ebbe un ruolo fondamentale per la difesa dei percorsi della transumanza. Risale all’epoca normanna. Appena fuori dall’abitato del paese si erge, graziosa, la chiesa di Santa Maria della Pietà, un piccolo tempietto eretto nel 1596. Sorge sui resti di un’antica edicola, proprio sul luogo dove, secondo la tradizione, la popolazione sconfisse in una sanguinosa battaglia una banda di briganti provenienti dal vicino Stato Pontificio. La chiesa presenta una pianta ottagonale, sormontata da una cupola ad otto spicchi, ed un portale di accesso in stile barocco sormontato da un timpano ed una piccola edicola. Il borgo di Calascio è molto pittoresco e ricco di attività artigianali, nonché piccoli ristoranti e punti di ristoro. Al nostro arrivo, complice anche la bella giornata, troviamo una discreta folla di visitatori. Anche qui ci attardiamo oltre misura perché è proprio un posto dove si sta bene e viene voglia di fermarsi a sorseggiare qualche buon calice di vino fresco ed assaggiare qualche buon prodotto locale. Intanto le campane suonano le ore 12,00 e alle 13,00 dovremmo raggiungere la meta finale: Castel del monte. Fuori dal paese scorgiamo una tabella indicativa che dà i tempi di percorrenza: 2 ore e 20. Incontriamo per caso il gruppo dei turisti nei pressi del pullman. Alcuni escursionisti decidono di rinunciare all’ultimo tratto di cammino considerati anche i tempi indicati e il caldo che si fa ben sentire. Tuttavia, i più temerari, spronati anche dall’impavido capo gita Federico che sentenzia, col suo solito piglio, la stima di 1,10 h per raggiungere Castel del Monte, si avviano di gran lena lungo il sentiero. La vegetazione si fa ora più fitta ma di tanto in tanto si scorgono distese di prati punteggiati da greggi di pecore che richiama tanto le immagini tipiche dell’Abruzzo. Vediamo finalmente Castel del Monte sistemato a graticcio in alto, sul colle. Arriviamo nei pressi della piazza principale, dove il nostro pullman ci aspetta con tutti i generi di conforto funzionali alla tradizionale “colazione volante”. Qualcuno, tra gli escursionisti, con una punta di stupore e meraviglia, rileva il tempo di cammino trascorso da Calascio che è esattamente di 1,10 h guardando il capo gita, sornione e gongolante. (Nicola Cestonaro)
CRONACA E NOTIZIE DAL 3 OTTOBRE IN POI
La cronaca della gita non poteva non essere completata da quella delle vicende successive al rientro a Vicenza dell’allegra combriccola. Gli occhietti lucidi, esibiti da alcuni partecipanti e notati in pullman, potevano, con il senno di poi, suggerire che qualcosa stava bollendo in pentola. Traditi dal romanticismo, che in G.M. non riusciamo a toglierci di dosso, avevamo interpretato la cosa come dimostrazione di commozione e soddisfazione per le belle giornate trascorse assieme. Nulla di più sbagliato: si trattava dei primi effetti del “bao del covid” che inesorabilmente stava per mietere nuove vittime. La conta è iniziata subito, dal lunedì mattina, con i primi messaggi di denuncia di tamponi positivi, ai quali se ne sono aggiunti innumerevoli altri nei giorni successivi. La conta è presto fatta: quarantatré partecipanti, ventidue covid dichiarati, pari al 51,62% di contagiati. Una buona media, non c’è che dire. Giovane Montagna, profonda conoscitrice delle dinamiche legate alle vicende covid, attenta alle necessità dei soci e alla loro integrità, ha prontamente commissionato alla DOXA un’indagine per stabilire, una volta per tutte, se per fare prevenzione convenga puntare sul vino rosso, su quello bianco, o sull’astensione dagli alcolici durante le colazioni volanti. Il dibattito, che sappiamo essere molto sentito, è aperto.
 

 
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