Recensioni libri di montagna

Il richiamo della montagna

Matteo Righetto

Il richiamo della montagna


Leggendo l’ultimo saggio di Matteo Righetto “Il richiamo della montagna”, mi sono ritornati alla mente i luoghi vissuti da bambino nelle Dolomiti, in una montagna che esisteva e che non è più “come prima”.
E’ abbastanza naturale che tutto cambi - lo diceva anche Eraclito - ma certamente la Val di Fassa frequentata da bambino, la mia prima esperienza al cospetto della Marmolada e le passeggiate nelle foreste di larici della Val di Fiemme, appartengono ad un passato ormai archiviato e che non possiamo solo rimpiangere, ma che ci deve servire da monito e da allarme per il futuro.
La mia ammirazione di bambino al cospetto della regina Marmolada mi ha portato nel 2019 a salire in cima attraverso il ghiacciaio che dopo pochi anni sarebbe crollato e ricordo, ancora con sgomento, il paesaggio lunare attraversato, per arrivare al lago Fedaia, tra le montagne rese brulle dalla tempesta Vaia.
Con un racconto tra la cronaca e il romanzo, Righetto ci fa rivivere proprio due episodi recenti, accaduti in quelle zone, chiari indizi di una velocizzazione nello scioglimento dei ghiacciai e della tropicalizzazione del clima, per poi darci una proposta concreta, etica ma anche operativa, per agire.
Si narra del crollo, in 10 secondi, del ghiacciaio della Marmolada a luglio del 2022, con 11 morti, e dei 14 milioni di alberi abbattuti, poco più di 3 anni prima, dalla tempesta Vaia. In particolare, per quest’ultima catastrofe, la narrazione presenta due tipologie classiche di protagonisti, di abitanti della zona, Agata e Silvestro, che reagiscono con rassegnazione, sgomento e rabbia, ma senza riuscire a far fronte alle problematiche e ad organizzare una resistenza all’invasione creata anche dall’overtourism e dalla costruzione ossessiva di nuovi impianti di sci.
Sono due racconti che ci inducono a riflettere sulle conseguenze dei cambiamenti climatici, già avvertibili qui e ora, nell’arco delle nostre brevi vite. L’autore non si limita a descrivere questi fatti, ma va ben al di là, domandandosi cosa ciascuno di noi,che non abbiamo in mano le leve del potere, può fare nel suo piccolo per invertire questa tendenza di sviluppo insensato, che porta anche all’esaurimento delle risorse e all’estinzione di altre specie viventi, animali e vegetali.
Il libro non si limita ad una critica amara della situazione attuale, pur sottolineando molto il pericolo di avere un atteggiamento di vita “per istanti”: nei 10 secondi in cui sono crollati milioni di metri cubi di ghiaccio, vengono inviati 10 milioni di messaggi WhatsApp nel mondo, indizio di una vita davvero vissuta per attimi.
Si propone una “rivoluzione culturale” che passi attraverso un cambiamento di prospettiva.
Il lettore viene invitato a riscoprire il valore del camminare, del silenzio e della contemplazione dei paesaggi montani, come pratiche di resistenza e di rigenerazione interiore.
Righetto sostiene che solo recuperando un atteggiamento di umiltà e di ascolto nei confronti della montagna sarà possibile invertire la rotta e costruire un futuro più sostenibile.
Camminare in montagna, dunque: “Abbiamo bisogno di ascoltare il richiamo della Montagna, ci salveremo solo se saremo capaci di intraprendere una rieducazione selvatica”, un percorso proposto in particolare nell’ultima parte del libro, in un bel capitolo intitolato “In cammino”.
Al centro del libro c’è l’idea che la montagna non sia solo un luogo fisico, ma anche uno spazio simbolico e spirituale, capace di offrire all’essere umano una via di conoscenza interiore e di riconnessione con le proprie radici.
Righetto recupera il concetto di silvaticus (appartenente alla selva), contrapposto a quello di domesticus (legato alla civiltà), per sottolineare il richiamo istintivo e primordiale che la natura esercita sull’uomo. Ciò rappresenta un’opportunità per ritrovare una dimensione più autentica e armoniosa della vita, in contrasto con il ritmo frenetico e alienante della società contemporanea.
Ed è qui che Righetto ci trasmette la passione di chi crede fermamente nelle parole che mette per iscritto, che diventano anche impegno concreto come presidente di una sezione del CAI; qui sta l’anima e la bellezza del suo saggio-romanzo, che richiama nei suoi contenuti anche grandi del passato, come Muir, Thoreau, Nietsche ed un rapporto diretto con Mario Rigoni Stern, che partecipò alla spedizione in Russia con il nonno dell’autore.
In definitiva, "Il richiamo della montagna" è un appello accorato a ristabilire un rapporto armonioso con la natura, abbandonando le logiche di sfruttamento e consumismo, per riscoprire il senso profondo di appartenenza a un mondo più grande e più antico di noi.
Righetto invita il lettore a lasciarsi guidare dal richiamo silenzioso e potente delle montagne, in un percorso di consapevolezza che va oltre la semplice esperienza fisica, diventando una vera e propria riscoperta dell’essere umano nella sua interezza.
“Troverai più nei boschi che nei libri” scrive Bernardo di Chiaravalle. Ancora prima di proporre soluzioni legate alla valorizzazione delle tradizioni locali, allo sviluppo sostenibile e al rafforzamento dei legami comunitari, occorre, secondo Righetto, con il quale concordo pienamente, “superare la visione antropocentrica del mondo e abitare poeticamente e spiritualmente la Montagna. Amarla.”
Fabrizio Farroni

Matteo Righetto, Il richiamo della montagna, Edizioni Feltrinelli, 2025

 
 
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